Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge, come esplicitato nel titolo, reca disposizioni in favore dei lavoratori e delle lavoratrici che si trovano in una situazione di disagio psicologico in seguito a comportamenti di tipo persecutorio adottati nei loro confronti nell'ambiente di lavoro.
      In particolare s'introduce nel nostro ordinamento la tutela penale del lavoratore vittima di violenza morale o psichica, tutela che attualmente è prevista solo in relazione al reato di maltrattamenti.
      Il fenomeno è conosciuto come «mobbing», un termine destinato a entrare in modo diffuso nella lingua italiana di qui ai prossimi anni, giacché oggi è largamente utilizzato per indicare una qualsiasi forma di terrorismo psicologico esercitato nei luoghi di lavoro in danno dei lavoratori.
      Gli effetti del mobbing sono assai rilevanti per l'ordinamento: sono legati non solo alla riqualificazione del lavoratore, ma anche e soprattutto al suo stato di salute, il cui decadimento finisce per riverberarsi sulla struttura sanitaria nazionale, in termini di aggravio delle spese per l'assistenza. E ciò senza considerare gli altri obiettivi danni subiti dalla stessa unità lavorativa interessata, con un inevitabile e grave calo della produttività in tale ambito.
      Approfondite ricerche svolte in altri Paesi hanno dimostrato che il mobbing può portare alla invalidità psicologica del lavoratore, tanto che può essere corretto, in proposito, parlare di una vera e propria malattia professionale, del tutto simile a un infortunio sul lavoro.
      Per quel che attiene al nostro Paese, talune statistiche riferiscono di una percentuale

 

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modesta di soggetti vittime del mobbing, pari al 4,2 per cento del totale dei lavoratori dipendenti in Italia, circa 750.000 persone.
      In realtà il dato che emerge appare assai lontano dal vero, in quanto ancora oggi le violenze morali o psichiche in ambito lavorativo risultano particolarmente difficili da quantificare: sia perché lo studio del fenomeno è stato intrapreso con notevole ritardo rispetto alle altre nazioni, sia perché le stesse vittime rifiutano di considerarsi tali, per timore di ulteriori ritorsioni o per altri motivi.
      Una recente ricerca - che ha elaborato i dati raccolti tra il 2002 e il 2006, relativi ai costi diretti e indiretti delle patologie mobbing - correlate - effettuata dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) avrebbe accertato l'esistenza di circa 1.400.000 lavoratori vittime del mobbing, ovvero il 6 per cento della forza lavoro.
      Se si tiene conto, tuttavia, del fatto che oltre al lavoratore interessato anche i suoi familiari sono pienamente coinvolti dalle ritorsioni - di ordine pratico e psicologico - causate dal fenomeno descritto, non è difficile pervenire a un numero globale di circa 4.000.000 di soggetti perseguiti in via diretta o indiretta.
      La presente proposta di legge mira, dunque, ad attivare idonee misure per contrastare il dilagare di questo fenomeno e per realizzare una tutela più completa del lavoratore coinvolto.
      All'articolo 1 il mobbing, ovvero la violenza morale o psichica nell'ambito dell'attività lavorativa, viene definito in maniera completa, ma non tale da pregiudicare un'eventuale inclusione nella species di altre condotte finalizzate alla persecuzione del lavoratore.
      L'articolo 2 prevede la possibilità, sino ad ora assente, di adottare in sede di contrattazione collettiva nazionale norme anti-mobbing, facendo salve le eventuali disposizioni più favorevoli al lavoratore.
      L'articolo 3 dispone che il datore di lavoro, insieme alle rappresentanze sindacali, sia incaricato di porre in essere tutte le misure per prevenire l'insorgere di atteggiamenti di mobbing nonché di accertamento dei fatti denunciati.
      L'articolo 4, al fine di realizzare una tutela concreta del lavoratore vittima di persecuzioni morali e psicologiche, introduce il reato di mobbing nel codice penale. Tale previsione si rende necessaria anche alla luce della recente sentenza della quinta sezione penale della Corte di cassazione (sentenza n. 33624 del 29 agosto 2007) la quale ha precisato che - non essendoci nel nostro ordinamento una specifica fattispecie di reato di cosiddetto mobbing - esso non può essere considerato tale; l'unica tutela penale esperibile in questo caso attualmente è quella - come ribadito dalla Suprema Corte - della denuncia per maltrattamenti da parte del lavoratore il quale, al fine di ottenere la condanna dei colpevoli, dovrà fornire la prova della reiterazione della persecuzione e della discriminazione.
      L'articolo 5 dispone che nel caso in cui si accerti un danneggiamento della salute fisica o psichica, ovvero di entrambe, del lavoratore, ai fini di accertare il nesso di causalità tra le violenze poste in essere sul luogo di lavoro e i danni subiti dal lavoratore, il giudice nomina uno o più periti le cui dichiarazioni assumono portata di prova.
      L'articolo 6 definisce i casi in cui si applica la responsabilità disciplinare.
      All'articolo 7 si prevede il rimedio della nullità degli atti e delle decisioni del lavoratore (dimissioni) o del datore di lavoro (ius variandi in peius: licenziamento, trasferimenti, variazioni retributive peggiorative) che siano stati posti in essere in conseguenza di violenza o di persecuzione psicologica.
      L'articolo 8, infine, dispone che un primo intervento a favore del lavoratore vittima di mobbing può essere realizzato dalle strutture territoriali del Servizio sanitario nazionale; il fatto che tali strutture sono diffuse su tutto il territorio nazionale permette al lavoratore vittima di mobbing e che inizia ad avvertire le conseguenze psico-fisiche di tali comportamenti persecutori di trovare strutture idonee ad affrontare tempestivamente e con professionalità la situazione.
 

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